20 Ottobre 2014 ~ 0 Commenti

Cosmetici dermatologicamente testati, si ma da chi?

Vi propongo oggi la seconda parte dell’intervista alla dottoressa Adele Sparavigna, dermatologa e Presidente di Derming, laboratorio specializzato nei test su efficacia e sicurezza dei cosmetici. Parliamo con lei della situazione attuale, che ci fa riflettere davvero su un metodo direi poco ortodosso di valutazione prima dell’immissione in commercio dei prodotti cosmetici.

< Purtoppo, da una recentissima ricerca che ho fatto in Internet, emerge un quadro poco rassicurante circa il “dermatologicamente testato”, sia a livello nazionale che internazionale. Infatti, nonostante sia oramai passato più di anno dall’entrata in vigore delle nuove disposizioni, inserendo specifiche keywords, il motore di ricerca più popolare, Google, ci restituisce un elenco di soli 14 laboratori italiani privati ed indipendenti specializzati nel testing cosmetico. Non solo: di questi 14 laboratori, solo 2 vantano la presenza di un dermatologo all’interno della compagine aziendale. Parliamo di cifre piuttosto basse, numeri che parecchio stridono con l’elevato fatturato globale cosmetico registrato nello scorso anno (oltre 9 miliardi di euro, fonte: Cosmetica Italia) e che, lecitamente, ci fanno chiedere quanto di vero ci sia dietro ogni “dermatologicamente testato” riportato sulle etichette dei prodotti che acquistiamo >

Che cosa propone lei per frenare questo ‘malcostume’ ? < Skineco, l’associazione di ecodermatologia di cui faccio parte, ritiene importante definire dei requisiti minimi necessari per la realizzazione dei test clinici e lo fa attraverso il suo disciplinare. Anzitutto, che essi vengano condotti da operatori con qualificazioni appropriate ed esperienza. Lo Sperimentatore principale, ossia il direttore dello studio, ha potere di firma, per questo è indispensabile che sia obbligatoriamente un Medico Chirurgo specialista in Dermatologia e Venereologia con al suo attivo esperienza comprovata nel settore del testing cosmetico e pubblicazioni scientifiche di livello internazionale sull’argomento.

Quindi le strutture per i test sono importanti? < Anche la struttura in cui si svolgono i test clinici dovrà essere qualificata, certificata (UNI-EN ISO 9001) e dotata di procedure operative standardizzate per tutte le operazioni inerenti l’esecuzione di un test clinico. Un altro requisito minimo imprescindibile è il rispetto di principi etici, questione assolutamente delicata, trattandosi di studi condotti su volontari. A tal proposito, i prodotti da testare dovranno, precedentemente, essere certificati dal Valutatore della Sicurezza ed esser stati giudicati sicuri dal Direttore dello studio; quanto alle metodiche di valutazione, esse dovranno essere assolutamente non invasive. Sebbene, non si ritenga necessaria l’approvazione dei protocolli da parte di un Comitato Etico Indipendente e, non essendo nemmeno prevista da alcuna norma nazionale, è comunque auspicabile, nell’interesse primario di tutelare i diritti, la sicurezza ed il benessere di tutti i soggetti partecipanti agli studi, che ne venga costituito uno apposito che possa prendere in esame i casi border-line, analizzare la documentazione relativa alla sperimentazione, prima, durante e dopo il test, garantendo l’integrità e la privacy dei volontari. Senza considerare che per l’eventuale pubblicabilità dei risultati delle ricerche su riviste scientifiche con Impact Factor, è obbligatoria la valutazione preventiva dello studio da parte di un Comitato Etico. Infine, tutta la documentazione inerente lo studio clinico, sia cartacea che elettronica, dovrà essere correttamente archiviata presso la struttura; vi dovrà quindi essere una corretta tracciabilità dei dati inerenti lo studio/ archivio, questo anche in un’ottica di cosmetovigilanza, ossia nella gestione delle segnalazioni di eventi indesiderati da parte dei consumatori associati all’uso di prodotti cosmetici. Spero davvero che questa lodevole iniziativa di Skineco contribuisca a fare chiarezza ed ordine nel campo del “dermatologicamente testato” >

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